Test sierologici, regna ancora una gran confusione Regioni in ordine sparso


A partire da oggi Istat e Inail contatteranno un campione di cittadini che su base volontaria, potranno decidere di effettuare i test sierologici. Saranno in circa 150mila a partecipare all’indagine epidemiologica che consentirà di avere un quadro più preciso su quale sia la parte di popolazione che è venuta a contatto con il nuovo coronavirus in questi mesi e ha sviluppato i relativi anticorpi. 

Ma come spesso abbiamo visto durante l'emergenza Covid-19 le Regioni si muovono in ordine sparso, passando senza troppa preoccupazione da una sottovalutazione dello strumento a un impiego diagnostico per testare operatori sanitari e dipendenti pubblici. Il nostro problema rimane la riforma del Titolo V che ha dato il controllo sulla sanità alle Regioni, le quali appaiono più interessate a sfruttare ogni possibile occasione, anche quella di una pandemia, per consolidare le proprie posizioni piuttosto che pensare esclusivamente alla salute dei propri cittadini. Una situazione che per esempio porta la Regione Lombardia ad aver preso una posizione anti test nonostante i suoi 15500 morti, 85000 contagiati e oltre 27000 ancora positivi, decisione che sembra più dettata dalla preoccupazione di scoprire nel territorio un numero molto ampio di persone venute a contatto con il coronavirus e dover giocoforza rallentare la sua ripresa, piuttosto che sfruttare al massimo gli strumenti a disposizione per controllare l'epidemia.

Massimo Galli ha definito "assurdo ai limiti dell’ingiustificabile" l’atteggiamento della Regione sui test rapidi.

Leggete l'interessante l'articolo di Davide Lombardi sull'Unione Sarda  dal titolo: 

Al via i test sierologici: a cosa servono e perché potremmo usarli meglio

In Italia regna il caos tra Stato, Regioni e privati. Eppure possono essere un ottimo strumento anche per diagnosticare, non solo per indagini epidemiologiche.

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