Decreto Rilancio tra complessità e rinvii
Mentre si attende ancora il testo definitivo del Decreto Rilancio e la sua pubblicazione in Gazzetta, viene spontaneo domandarsi se le oltre 460 pagine con più di 250 articoli fossero davvero indispensabili o rappresentino l'incapacità di uscire da quella logica tutta italiana del "dettaglio" che, insieme a un linguaggio poco comprensibile ai più, contraddistingue da sempre i testi delle nostre leggi.
Certo dovremmo essere abituati alla complessità del nostro ordinamento: oltre 110mila tra leggi e decreti di vario tipo, dei quali si sa già almeno un terzo sono totalmente inutili. Il peggio è che in questo macchinoso sistema la stragrande maggioranza dei cittadini si perde, mentre i furbi trovano la via per sgattaiolare, anche perché a una mole mastodontica di norme non si è mai affiancata un'altrettanta capacità di controllo.
In questo caso però, ma sta succedendo un po' troppo spesso quando si tratta di mettere mano al portafoglio, viene il dubbio che questa forma attraverso la quale si cesella ogni singola decisione, nasconda in realtà la necessità di creare le condizioni per arrivare a pagare il meno possibile pur avendo coinvolto nel decreto gran parte dei soggetti in difficoltà.
E' chiaro che le nostre disponibilità sono limitate rispetto ad altri paesi e che quindi non ci si può certo aspettare che il governo risolva miracolosamente ogni problema nato con il coronavirus, ma una bella semplificazione delle procedure e un sostegno ben bilanciato e immediato a sarebbe stata forse la strada migliore. Capita infatti che una grossa parte della cassa integrazione non sia stata ancora pagata, il contributo per patite IVA e altri di aprile non è ancora arrivato, che il blocco dei mutui sia impantanato nelle procedure e così via.
Un secondo dubbio su decreto riguarda poi il "Rilancio", siamo certi per esempio che spendere una parte dei soldi per facilitare l'acquisto di monopattini o biciclette a motore sia davvero utile adesso in piena crisi? Oppure sta succedendo che approfittando della crisi sanitaria qualcuno cerca di finanziare uno specifico settore o di far contenti i propri elettori al posto di comprendere quali attività sono più in crisi, quali resteranno in crisi ancora per i mesi a venire e quali rischiano di chiudere definitivamente?
Il rischio è che con questi provvedimenti forse si sta solo rimandando il problema a settembre, quando qualcuno dovrà prendere atto di non aver potuto riavviare per tempo la propria attività nei mesi più importanti dell'anno o quando si faranno i conti di quanto è costato riaprire dovendo ottemperare alle norme di sicurezza, quanto siano stati ridotti gli incassi rispetto agli anni precedenti e si dovrà svuotare il conto in banca per pagare le tasse attualmente congelate.
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