Lunedì 11 non sarà possibile aprire a Cagliari ulteriori attività commerciali.
Il sindaco di Cagliari Paolo Truzzu: "I dati relativi alla città di Cagliari ci dicono che l’Rt (indice di contagio) purtroppo è superiore a 0,5, per cui sulla base dell’ordinanza della Regione non è possibile procedere lunedì 11 a ulteriori aperture di attività commerciali"
C'è una parola che trovo stonata in questo discorso, quel "purtroppo" che sta per sfortunatamente, malauguratamente, disgraziatamente.
Non è una fatalità, non ci troviamo di fronte a qualcosa che è indipendente da ciò che facciamo, cittadini e sindaco.
Il sindaco certo non decide quali siano i parametri attraverso i quali si misura la possibilità di contagio nel proprio territorio, ma deve conoscerli nel dettaglio e sapere cosa c'è da fare per portarli rapidamente al valore più basso possibile. Non è solo l'aprire o chiudere una porta, un negozio, una strada, che consente il controllo della situazione: chiudere il più velocemente possibile è una misura d'emergenza quando scoppia un'epidemia; riaprire è una misura indispensabile per evitare il tracollo economico, ma non ci si può fermare all'atto di spalancare i cancelli e sperare che vada tutto bene altrimenti si chiude nuovamente.
Prendiamo per esempio ciò che ho visto in questa prima settimana di apertura a Cagliari: sicuramente più persone e automobili in giro, assolutamente scontato e peraltro voluto, ma fortunatamente la maggioranza delle persone sta seguendo le indicazioni che sono state date a suo tempo, file ordinate fuori dai negozi con mascherina e guanti, rispetto della distanza dagli altri anche mentre si cammina nelle strade, in tanti utilizzano la mascherina anche quando passeggiano e così via. Al 99% tutto si svolge nella forma giusta per evitare nuovi contagi.
E quel 1% che manca?
Sono quelli che pensano, sbagliando, che l'amico li avvertirebbe se sta male e quindi che non corrono alcun rischio anche se sono a distanza ravvicinata e senza mascherina. Due, tre e a volte anche in quattro, nel parco, seduti su un muretto o all'angolo di una strada, amici e amiche chiacchierano indisturbati del più e del meno.
E' questo 1% che appare essere il vero problema da affrontare in questo momento e non un barbiere o un negozio di scarpe aperto con tutte le cautele del caso.
Controlli? Nessuno per strada, in un caso all'ingresso di un parco cittadino, certo un monito per chi vi entra, ma come ho potuto constatare assolutamente insufficiente ad avere il controllo della situazione al suo interno.
Dal momento nel quale si inizia a riaprire dovrebbero essere intensificati i controlli nelle strade, nei quartieri e nei parchi, vigili urbani, polizia, carabinieri, dovrebbero girare (meglio se a piedi) richiamando o sanzionando a seconda delle situazioni e di quanto rilevato, evitando così che la faciloneria o l'incoscienza di pochi possa mettere nuovamente in dubbio il percorso in discesa sin qui intrapreso.
Perché non viene fatto? Come per i tamponi sembra non esserci una risposta chiara e si potrebbe chiudere dicendo come il nostro sindaco "purtroppo" è così.
Tutto rischia di apparire ancora una volta riassunto dal titolo da un libro che rispecchia molto bene certe situazioni: "Speriamo che io me la cavo."