Indice Rt non può essere l'unico parametro per valutare l'apertura tra Regioni
Il valore dell'indice Rt è stato indicato dal Ministero della Salute come il parametro primario da considerare per valutare l'andamento del rischio durante la fase 2, legando a questo numero le previsioni di apertura tra Regioni e di conseguenza anche verso le altre Nazioni Europee. Questa scelta è stata fatta non considerando o sottovalutando i limiti e le criticità che ne influenzano il calcolo nel nostro contesto.
Basta ricordare come le prime rilevazioni collocavano le Regioni con minori contagi e decessi tra le peggiori a livello nazionale, mentre la dove la pandemia aveva colpito con maggior forza e si continuava ad avere oltre il 40% dei contagiati totali e a ricoverare centinaia di persone al giorno, sembrava esserci una condizione molto vicina all'ottimale. Ancora oggi questo parametro non può garantire una reale attendibilità in quanto manca un'adeguata base dati indispensabile per calcolarlo e in tutti i casi non può essere l'unico parametro da prendere in considerazione per avere certezze in merito alla situazione sanitaria e decidere sull'apertura non controllata degli spostamenti tra Regioni.
Nell'articolo apparso sul QuotidianoSanità.it del 25 maggio 2020 (clicca sul nome della testata per leggere tutto l'articolo), il presidente della Fondazione Gimbe, Nino Cartabellotta (clicca sul nome per un approfondimento), interviene per fare chiarezza su questo parametro:
"...a riprova della aleatorietà di questo indicatore per fini che non siano quelli della ricerca epidemiologica agli inizi di un’epidemia Gimbe sottolinea che questo parametro:
• Viene stimato con modelli matematici basati su dati reali, per cui il suo valore dipende sia dal modello utilizzato che dalla qualità dei dati.
• Viene calcolato sulla data d’insorgenza dei sintomi della malattia, o in alternativa su quella di accertamento virologico dell’infezione, che in Italia spesso viene notificata con molti giorni di ritardo e in misura variabile tra le Regioni. Peraltro, nei casi asintomatici la data di insorgenza dei sintomi non può essere rilevata per definizione.
• È inversamente proporzionale al tasso dei “casi chiusi”, ovvero persone non più infette a seguito di decesso o guarigione, dati non molto affidabili viste le evidenze sulla sottostima dei decessi e sulla sovrastima delle guarigioni in Italia.
• Presuppone che nella popolazione generale tutti abbiano la stessa probabilità di contrarre l’infezione, non distinguendo quindi i focolai circoscritti dalle situazioni di contagio diffuso.
Inoltre - ricorda ancora la Fondazione - secondo quanto riporta il bollettino dell’ISS del 20 maggio:
• Il valore di Rt può essere stimato correttamente solo con un ritardo di 15 giorni.
• La stima può essere poco accurata in conseguenza di cambiamenti nei criteri di esecuzione dei tamponi.
• I valori di Rt sono calcolati solo sul 30% dei casi riportati alla Protezione Civile per la necessità di allinearsi alle Regioni con la percentuale più bassa di dati disponibili.
• L’ultima stima di Rt è stata calcolata alla data del 19 maggio e, sottratti i 15 giorni necessari per il consolidamento dei dati, è riferibile quindi al 3 maggio.
“Le nostre valutazioni indipendenti – commenta Cartabellotta – confermano che il dibattito politico e scientifico si sta concentrando su un indice molto variabile, condizionato dalla qualità dei dati, non tempestivo (l’ultima stima riflette ancora la fase di lockdown), calcolato su meno di un terzo dei casi confermati dalla Protezione Civile e influenzato dalle notevoli differenze regionali nell’esecuzione di tamponi diagnostici”.
“Se il valore di R0 rimane una pietra miliare dell’epidemiologia per stimare il grado di contagiosità del virus all’inizio di una epidemia”, per la Fondazione Gimbe, “l’indice Rt è poco affidabile nella fase di monitoraggio post lockdown. Il suo ruolo dovrebbe essere ridimensionato, evitando di utilizzarlo come parametro univoco e soprattutto per elaborare classifiche regionali”.
Penso che pur avvalendosi delle indicazioni fornite dal valore dell'Rt, sia indispensabile tenere conto di quale sia l'attuale situazione nella singola Regione per quanto riguarda i nuovi contagi giornalieri e il numero di persone ancora malate, nonché controllare frequentemente che le persone messe in quarantena non lamentino sintomi e non si muovano dalla loro abitazione prima del tempo anche se si dovessero aprire le frontiere, infatti il messaggio "liberi tutti" che circola in questi giorni potrebbe indurli a pensare che non esista più alcun rischio.
A questa attenzione si dovrebbe sommare ciò che purtroppo non è stato fatto con metodo sin dall'inizio della pandemia: scoperta una persona che ha contratto il coronavirus, individuare ogni possibile contatto delle ultime settimane e sottoporre tutti al tampone per arginare immediatamente ogni possibile nuova fonte di contagio. Nel caso poi dovesse riscontrarsi un nuovo focolaio locale, valutare la chiusura immediata dell'area interessata per evitare il diffondersi del virus, una misura sicuramente difficile da prendere per i politici locali ma che è l'unica mossa possibile per evitare che ci si trovi a dover bloccare una Regione o ancor peggio l'Italia intera nuovamente.
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